(III episodio)
Appena Efisceddu sigillò la sua bocca e ogni suo particolare tornò ad essere pietra, dura e inanimata, i presenti non credevano ancora ai loro occhi… rimasero fermi per alcuni istanti, come quando si gioca alle “Belle Statuine”. Soprannaturale e misterioso era il fatto cui avevano appena assistito. Straordinario.
Si vedevano già i primi chiarori dell’alba che, timidi, attraversavano i vetri, quando i responsabili del centro, insieme al bel gruppo di altri collaboratori lasciavano il centro di restauro ancora visibilmente emozionati: ERA STATA UNA NOTTE MAGICA!
Nell’edificio ora silenzioso, restavano gli innumerevoli pezzi di arenaria modellata disposti ordinatamente, ognuno numerato, lungo i tavoli nelle sale del centro, mentre busti, teste, braccia e gambe delle statue già restaurate e ricomposte sistemate, l’una vicina all’altra, nel corridoio con la gigantografia del luogo di ritrovamento alle loro spalle: Monte’e Prama.
Una volta a casa, nessuno degli operatori di restauro era riuscito a prendere sonno e alle nove erano tutti ai loro posti di lavoro. Quella mattina era passata in fretta; i commenti sull’accaduto non si contavano; ognuno esponeva la sua teoria sulla notte precedente e, in attesa che la luce del sole lasciasse posto all’oscurità, non vedeva l’ora che il GIGANTE tornasse vivo fra loro.
Nessuno era rientrato a casa quella sera; i restauratori finirono il lavoro del giorno e dopo aver lasciato ogni cosa al suo posto, pronta per il lavoro dell’indomani, frettolosamente avevano mangiato un panino o un frutto e alla spicciolata raggiungevano il lungo corridoio e si disponevano a gruppetti davanti alle statue allineate. Si sentiva un brusio, leggero, non fastidioso, si aveva quasi timore di parlare a voce alta per non disturbare il sonno eterno di “Efy” e compagni.
I primi raggi della luna penetravano attraverso le vetrate e illuminavano di una luce argentea e misteriosa i giganti, immobili e allineati. Arrivarono anche i due guardiani notturni che avevano appena finito di fare i loro giri di perlustrazione in tutti gli ambienti interni ed esterni dell’ edificio. Tutto era a posto. Giunsero, infine, sul posto la dott.ssa Boninu e il dr. Nardi che si erano fermati ancora un po’in ufficio per predisporre al meglio il colloquio con Efisceddu. Il momento era quasi arrivato. Gli ultimi avvertimenti dati. Nessuno doveva rovinare quel momento tanto atteso.
Il silenzio fu rotto dallo squillo del cellulare della dottoressa.
CHI OSAVA INTERROMPERE QUEL SILENZIO QUASI RELIGIOSO?
Al telefono non ci fu alcuna risposta. - Mah! A quest’ora! Boh! ... – borbottò la donna.
Era un avvertimento? La sacerdotessa?
All’improvviso uno scricchiolio di ossa… qualcuno si stava stiracchiando?La dottoressa stava per dire: <Accid…> ,- ma si bloccò all’istante.
- SONO TORNATO FRA VOI – disse la voce maschile e irreale, che tutti presenti già conoscevano.
- SONO PRONTO A RACCONTARE DEGLI ANTICHI PADRI NUR-SIN DI MONTE 'E PRAMA!.L’INIZIO DELLA STORIA DEL MIO POPOLO, LA STORIA DEL POPOLO DEI PRINCIPI GIUDICI – continuò.
Prendendo un grosso respiro e con la bocca priva di salivazione, intervenne il dr. Nardi che balbettò, per la grande emozione: - Siaaa mo pr oon ti a.a.d aascool.. tarti con vero e immenso piacere - le ultime parole uscirono veloci come il fulmine dalla sua bocca.
Efy, ormai era chiamato amichevolmente così, sollevò il grosso braccio, aprì le robuste dita e poi con l’indice puntato in direzione di una carta della Sardegna,appesa in un angolo illuminato dai raggi della luna, indicava il Golfo di Oristano. No! La traiettoria del suo dito procedeva lentamente sulla linea delle coste per fermarsi sulla penisola del Sinis. L’ombra del dito si era fermata a indicare un punto preciso: Tharros.
Finalmente avrebbero conosciuto la verità sugli “amati e discussi “GIGANTI …
Il suo racconto aveva inizio, mentre i presenti ascoltavano in doveroso silenzio.
- Era il 2000… il 2300 a.C… - diceva. - La mia memoria ha qualche vuoto… E’ PASSATO TROPPO TEMPO… TROPPO! …
- Sembrava stanco Efy, ma si riprese subito e continuando: - “BABBAI “ (mio padre), il suo nome era HAS-NALOS appartenente alle genti SHRDN, raccontava sempre, per averlo sentito da suo padre e suo padre dal suo e cosi via tornando indietro fino ai nostri antenati, che il mio popolo partì dalla Terra di UR in seguito ad una lunga carestia, durata ben 300 anni, verso luoghi più ospitali e fertili.
Ogni membro della mia gente prese con sé tutto ciò che possedeva e caricandolo sul proprio carro in grande carovana procedeva risalendo la valle dell’Euphrates verso il porto più vicino sulle coste della Phoenicia. Lì, ormeggiate ai robusti moli, attendevano le loro navi da carico, per trasportare merci e persone, e quelle più veloci dove viaggiavano i principi, i valorosi arcieri, i pugilatori e i guerrieri, che dovevano giungere per primi nei luoghi dove stabilirsi per instaurare con le genti che li abitavano rapporti di amicizia, di collaborazione e soprattutto di pace. Era un popolo che amava la natura, la rispettava e la faceva rispettare. La vita sociale era regolata da leggi raccolte in codici, infatti, il primo compito di un re era quello di assicurare la giustizia al paese.
La sacerdotessa Silanolis aveva previsto tutto a distanza di 3000 anni, il risveglio di Efisceddu era avvenuto e il segreto a lungo tenuto si stava piano, piano svelando.
In quel momento un raggio di luna più luminoso degli altri si posò sugli occhi magnetici di Efy, facendoli diventare una girandola vorticosa… Sembrava si stesse aprendo uno spazio temporale nei suoi occhi magnetici.
Ci fu un’ombra di paura sui volti dei presenti. Un attimo. Quando il gigante di pietra ricominciò a parlare sembrava più vivo che mai, forse Silanolis era intervenuta dandogli un input.
- Arrivati nello stretto di Scilla e Cariddi,- riprese Efy - sapendo il pericolo che avrebbero corso in quelle acque, invocarono immediatamente gli Dei per aiutarli a superare i mostri marini, terribili mangiatori di uomini. In un momento le acque del mare si sollevarono e aprirono un varco fra le onde, dove passarono velocemente tutte le navi: erano salvi! Però, appena oltrepassato lo stretto, una tempesta li colse all’improvviso: onde altissime sbattevano sulle navi, fulmini e saette terrorizzavano bambini e madri, gli anziani pregavano: “Babbai nostru ki sese in su …”(Padre nostro che sei nel…), mentre i giovani si davano da fare per governare le navi.
Un raggio di sole , tagliente come una spada, squarciò le nubi illuminando la flotta e allo stesso tempo rassicurò ogni persona dando loro speranza. Come d’incanto il cielo tornò sereno e il viaggio proseguì tranquillo fino a che una vedetta, sull’alto pennone della nave-madre urlò: - TERRA…TERRA… . Un grido di gioia si sollevò e tutti saltellavano contenti; si affacciarono lungo le sponde ad osservare la terra ormai vicina. Si scorgevano numerose e strane costruzioni di pietra nera sulle verdi collinette intorno: I NURAGHES.
Molti dei compagni di viaggio si fermarono lungo le coste dove era facile l’approdo, altri proseguirono lungo tutta la costa occidentale; noi ci fermammo proprio nel posto da me indicato nella vostra carta.
Le navi ormeggiarono con cautela nel porto di questa nuova terra e Has-Nalos I, il capostipite, scese per primo dalla nave seguito dalla sua famiglia, principi, arcieri e guardie reali, dirigendosi verso il centro del villaggio.
Dall’alto della collina, nel cuore dell’abitato, assisteva allo sbarco il Capo Tribù-Sarcerdote, il suo nome era SARBAC. Aveva osservato l’arrivo di tutte quelle navi con un po’ di apprensione.
Chi erano? Nemici? Amici? Un altro popolo invasore?
Ne avevano respinti tanti con il coraggio della sua fiera gente! Sarbac aspettava la delegazione e avrebbe saputo.
Has-Nalos a passo svelto risaliva la strada grande che portava in cima alla collinetta e raggiungeva insieme ai rappresentanti della sua gente il Capo Tribù-Sacerdote. …
Gli alunni della 4^ E di Solanas