lunedì 6 dicembre 2010

I SRDN A THARROS

I SRDN A THARROS

Episodio IV


Il cielo era terso e sereno, a Tharros.
Dalla torre nuragica più alta la vedetta gridò: "BRA'KAS AT KA'STIUUU!" (Navi in vistaaa!).
All'orizzonte, infatti, era apparsa una flottiglia di imbarcazioni, a vela trina, triangolare, che avanzavano veloci verso il porto. Oghilestu, Occhiolesto, questo era il nome della vedetta, aguzzò la vista da falco predatore e si accorse che le navi in arrivo erano molto simili alle loro.
Attizzò l'acciarino sempre pronto e diede fuoco alle foglie di modditzi mischiate a bacche di mirto essiccate e polvere di murici, frantumati al pestello e resi infiammabili dalla resina di Pino d'Aleppo.
Un denso, veloce, fumo rosso si levò nell'aria limpida, visibile a tutti i cittadini ma, soprattutto, al Grande Sacerdote Sarbàk che aveva stabilito quali dovessero essere i colori di vedetta e segnalazione, a seconda delle circostanze.

ROSSO: AMICI IN ARRIVO; BLU: NEMICI IN ARRIVO; VERDE: TEMPORALE AL LARGO; ARANCIO: INVASIONE DI CAVALLETTE; BIANCO: ADUNATA DEI CITTADINI NELLA PIAZZA DEL NURAGHE MAGGIORE; INDACO: ELEZIONE POPOLARE DEI SAGGI; NERO: PESTE E MALATTIE GRAVI; ORO: MORTE E RITO FUNEBRE; ARGENTO: NASCITA E UNIONE; AZZURRO: CERIMONIA DI DEIFICAZIONE DEI PRINCIPI GIUDICI.

Sarbàk, sempre all'erta, capì il segnale e predispose tutto per il Rito d'Accoglienza e Amicizia. Anche il drappello della Guardia d'Onore fu pronto in breve tempo e, rapidamente, furono preparati un servizio d'ordine e un comitato d'accoglienza ineccepibili.
Il Principe Guerriero Kra-Manzà-Nu, Capo degli eserciti di Mare e di Terra, accolse affatto di buon occhio la notizia e stette diffidente, temendo che coloro che apparivano all'orizzonte non fossero davvero amici, come sembrava.
-"Manku su tìau mi bìnkit! Serri, Menka, Perra et Maluserra benèi innòi, ka ki nou funt amigus, 'ddu su akonciu deu kussas petabudigas!" (Nemmeno il diavolo mi vince! Serri, Menka, Perra e Maluserra venite qui che, se non sono amici le sistemo io quelle blatte!").
I guerrieri scattarono sull'attenti, al richiamo del loro Generale e, in men che non si dica, predisposero i loro uomini nei punti strategici di difesa, com'erano addestrati a fare: rapidi, efficienti, forti e invisibili ai nemici, nonostante la mole gigantesca.
Quando essi apparivano conseguivano immediatamente il loro obiettivo: terrorizzare il nemico al punto di renderlo inoffensivo. I Guerrieri del Sinis avevano messo a punto tecniche di combattimento micidiali. Indossavano un'armatura speciale: elmo cornuto pomellato; doppia veste: sotto, quella di capretto morbido e sopra quella in robusto cuoio borchiato con spallacci e paranuca, lunga fino a mezza coscia con elementi rigidi a protezione della zona inguinale; guanti a polsiera, borchiati e tubolari fino al gomito; schinieri allungati fronte e retro a coprire gambe e cosce in cuoio borchiato e costolato. Ovunque, nella veste, tasche porta arrasòias affilatissime, appena più piccole dei pugnali inseriti a ghiera nello scudo portato posteriormente e appeso alla spalla o alle braccia "vere", dato che, spesso, il giacchetto di cuoio era dotato di quattro maniche e la maschera, rettangolare o romboidale, era dotata di quattro occhi.
Chiunque si fosse trovato davanti uno solo di questi guerrieri giganti e abbigliati in siffatto modo, avrebbe, certo, pensato di trovarsi di fronte ad una divinità ... E, questo, era il loro obiettivo: intimidire e spaventare il nemico. Peraltro, le vesti da guerra garantivano l'assoluta autonomia di chi le indossava, poichè erano studiate affinchè la vestizione potesse essere agevole e veloce.
A Tharros c'era la bottega di Eri-Manzà-Nu, fratello di Kra-Manzà-Nu, il più importante maestro d'ascia e armature da guerra, il quale, grazie alle impellenti necessità del fratello, aveva sfruttato i terreni retrostanti al suo cantiere navale e aveva aperto grandissime sale da concia dei più pregiati pellami per realizzare straordinarie armature. L'impresa era diventata importante: infatti, i migliori artigiani della Sardegna ambivano lavorare presso quei laboratori, dove si sperimentavano le più avanzate tecniche di concia, colorazione e confezionamento. Erano state messe a punto strategie che davano risultati eccellenti evitando gli effluvi della putrefazione, utilizzando bagni di guado e bacche di mirto.
Quando Eri vedeva Kra, affacciarsi al grande portone della bottega, ballava per la felicità, sapendo che il suo amato fratello era sempre latore di commesse importanti.
 I due fratelli si stimavano tantissimo ma, a causa dei numerosi impegni del Generale, non si vedevano quasi mai. In quelle rare occasioni, perciò, si concedevano un lauto pranzo insieme, alla taverna di Tziu Kodra.
"Balla Eri, petza 'e angioneddu ke 'i kusta nou 'ssind' aciapat me in logu panù! Ge nou 'ssi tzerriat Kodra po nudda su meri! Kusta kodra kun prisuki parit ka kerit kistìonai!" (Accidenti, Eri, carne d'agnello come questa non se ne trova altrove! Certo che non si chiama Kodra per niente, il padrone! Queste frattaglie con piselli sembra che vogliono parlare!) - disse Kra-Manzà-Nu, in una delle memorabili mangiate, accarezzandosi, soddisfatto, il bronzeo ventre.


"Toka, nou mi kodrist ... puccidda! Paris, paris 'ssu conk'e mallu a pisci 'e kraddaxiu ... kinou 'ssa kotciula pintada dae Su Siku!? Mmmmhhh, nou seus in petzamini, nou! (Per carità, non parlarmi di frattaglie ... che schifo! Vuoi mettere con i muggini al sale o le arselle di Su Siku!? Mmmmmhhh, non siamo carnivori, no!).

Eri non ne poteva più della carne ... A furia di scuoiare animali stava per diventare vegetariano!

Ogulestu nou podiat akudi suendi kuddu fumu! (Occhiolesto soffiava con foga sul fumo!).

Tutta la città era ormai allertata e l'arrivo delle possenti imbarcazioni era prossimo.
Sul molo suonatori di launeddas e pipaiòus riempivano l'aria di allegre armonie e la gente ch'era lì accorsa già s'accaldava in coreografici giri di ballu tundu.
Sarbak scese dal punto privilegiato d'osservazione, pronto ad accogliere gli stranieri col suo popolo.
Arrivarono e ancorarono le navi con manovre degne di esperti marinai.
I due Grandi Sacerdoti Sarbak e Has-Nalos si fecero incontro: la mano franca precedeva entrambi. Kra-Manzà-Nu capì subito che si trattava di veri amici e tirò un sospiro di sollievo. Schierò i suoi uomini per il picchetto d'onore e accolse i nuovi arrivati nel migliore dei modi, curioso d'apprendere le motivazioni di questa visita in città.
Nella grande piazza dei balli venne allestita un'amplissima tenda e dei lunghi tavoli imbanditi con  i cibi prelibati del Sinis. Gli ospiti furono trattati con tutti gli onori: serviti e riveriti con  ottime pietanze  e fresche , corroboranti bevande.
Appena rifocillato, Has-Nalos disse senza tanti giri di parole:
 " Fratelli, siamo tra voi dopo un lunghissimo viaggio per mari e terre. Per secoli le nostre genti hanno abitato le contrade di Ur e grandi uomini hanno costruito Civiltà e immensi Imperi. Noi veniamo da Akàd la terra del nostro padre Sargòn, il più grande tra i Re. Abbiamo abitato quelle terre fino alle terribili piaghe e carestie che ci hanno costretto ad abbandonarle. Noi, le genti di Ur, vaghiamo da lungo tempo alla ricerca della terra promessa dai nostri Antichi Padri e crediamo, finalmente, d'essere arrivati! Veniamo in pace e vi chiediamo di accoglierci come fratelli. Sappiamo che da questa terra partirono i nostri Antichi Padri quando le acque la travolsero, trovando casa presso le fertili valli del Tigri e dell'Eufrate. Quelle terre che ci hanno accolto per secoli si trovano, ora, da molto tempo, in gravi condizioni di siccità e carestia e noi abbiamo pensato di tornare nell'Isola del Grande Verde di cui abbiamo sempre sentito raccontare di generazione in generazione. Speriamo in una vostra fraterna accoglienza ..."
Le parole di Has-Nalos venivano accolte come lame di sole dagli astanti. Stupore, incredulità, meraviglia si stamparono sulle facce di tutti. Chi, a Tharros, non aveva sentito parlare della Grande Onda e del Diluvio che aveva sommerso la Terra? Praticamente TUTTI. Eppure, vedere la leggenda prendere forma attraverso le parole del Saggio Ospite lasciava tutti senza fiato. Insomma, questi erano i lontani parenti di cui nei secoli tutti avevano parlato! E adesso erano qui, a Tharros, in carne e ossa.
"Arraxioni at essi pròprias a is nostas is bràkas ki potant!" (Ecco perchè le loro imbarcazioni sono come le nostre!") - pensò ad alta voce Ogulestu.
Dopo lunghi attimi di smarrimento, l'aria fu imperniata da una inenarrabile commozione e tutti presero ad abbracciarsi e baciarsi in uno strordinario e mai visto impeto di gioia e incredulità. In men che non si dica furono perfino individuate alcune parentele e le pacche sulle spalle non finivano più.
Quello fu, sicuramente il più grande moto di amore fraterno della Storia e sarebbe restato nei secoli ...
Kra volle conoscere immediatamente l'Ammiraglio della flottiglia amica, Fraghèmariu, Odoredimare, e i due sigillarono un immediato patto amichevole davanti ad un ottimo boccale di vino del Sinis, mentre assaporavano deliziosi dolcetti al miele di oni-oni, corbezzolo.
Dalle imbarcazioni cominciarono a uscire doni di ogni genere e meraviglia: tessuti, gioielli, spezie, armi ... Ma i cittadini di Tharros non furono da meno. Grandi Uomini e Grande Civiltà si erano ritrovati!
Tutti volevano sapere TUTTO sulle reciproche consuetudini e usanze. Si volevano recuperare i secoli persi! Voci sommesse e lacrime di commozione si inseguivano e si sovrapponevano in quell'incredibile e magico convitto   tra fratelli ritrovatisi dopo tanta sofferenza e oblio.
Ciò che la crudele catastrofe naturale aveva diviso, la Madre aveva saputo riunire.
Alla Grande Madre, infatti, i due Sacerdoti dedicarono i Riti propiziatori che Sarbac aveva già predisposto e grande Amore e Solennità caratterizzarono quei momenti. Kra e i Saggi del Gran Consiglio decretarono giorni di festa. Ad organizzare il futuro avrebbero pensato con calma.
A Tharros c'era posto e tanto lavoro per questi ritrovati e amatissimi fratelli venuti dal mare.

SA FESTA MANNA FIAT CUMENTZADA!!



I ragazzi della 4^B.











giovedì 25 novembre 2010

LA STORIA DEL MIO POPOLO

(III episodio)

Appena Efisceddu sigillò la sua bocca  e ogni suo particolare tornò ad essere pietra, dura e inanimata, i presenti non credevano ancora ai loro occhi… rimasero fermi per alcuni istanti, come quando si gioca alle “Belle Statuine”. Soprannaturale e  misterioso era il fatto cui avevano appena assistito. Straordinario.
Si vedevano già i primi chiarori dell’alba che, timidi, attraversavano i vetri, quando i responsabili del centro, insieme al bel gruppo di altri collaboratori lasciavano il centro di restauro ancora visibilmente emozionati: ERA STATA UNA NOTTE MAGICA!
Nell’edificio ora silenzioso, restavano gli innumerevoli pezzi di arenaria modellata disposti ordinatamente, ognuno numerato, lungo i tavoli nelle sale del centro, mentre busti, teste, braccia e gambe delle statue già restaurate e ricomposte sistemate, l’una vicina all’altra, nel corridoio con la gigantografia del luogo di ritrovamento alle loro spalle: Monte’e Prama.

Una volta a casa, nessuno  degli operatori di restauro era riuscito a prendere sonno e alle nove erano tutti ai loro posti di lavoro. Quella mattina era passata in fretta; i commenti sull’accaduto non si contavano; ognuno esponeva la sua teoria sulla notte precedente e, in attesa che la luce del sole lasciasse posto all’oscurità, non vedeva l’ora che il GIGANTE tornasse vivo fra loro.
Nessuno era rientrato a casa quella sera; i restauratori finirono il lavoro del giorno  e dopo aver lasciato ogni cosa al suo posto, pronta per il lavoro dell’indomani, frettolosamente avevano mangiato un panino o un frutto e alla spicciolata  raggiungevano il lungo corridoio e si disponevano a gruppetti  davanti alle statue allineate. Si sentiva un brusio, leggero, non fastidioso, si aveva quasi timore di parlare a voce alta per non disturbare il sonno eterno di “Efy” e compagni.

I primi raggi della luna penetravano attraverso le vetrate e illuminavano  di una luce argentea e misteriosa  i giganti, immobili e allineati. Arrivarono anche i due guardiani notturni che avevano appena finito di fare i loro giri di perlustrazione in tutti gli ambienti interni ed esterni dell’ edificio. Tutto era a posto. Giunsero, infine, sul posto la dott.ssa Boninu e il dr. Nardi che si erano fermati ancora un po’in ufficio per predisporre al meglio il colloquio con Efisceddu. Il momento era quasi arrivato. Gli ultimi avvertimenti dati. Nessuno doveva rovinare quel momento tanto atteso.
Il silenzio fu rotto dallo squillo del cellulare della dottoressa.
CHI OSAVA INTERROMPERE QUEL SILENZIO QUASI RELIGIOSO?
Al telefono non ci fu alcuna risposta. - Mah! A quest’ora! Boh! ... – borbottò la donna.
Era un avvertimento? La sacerdotessa?
All’improvviso uno scricchiolio di ossa… qualcuno si stava stiracchiando?La dottoressa stava per dire: <Accid…> ,- ma si bloccò all’istante.
-              SONO TORNATO FRA VOI – disse la voce maschile e irreale, che tutti presenti già conoscevano.
-               SONO PRONTO A RACCONTARE DEGLI ANTICHI PADRI NUR-SIN DI MONTE 'E PRAMA!.L’INIZIO DELLA STORIA DEL MIO POPOLO, LA STORIA DEL POPOLO DEI PRINCIPI GIUDICI – continuò.
Prendendo un grosso respiro e con la bocca priva di salivazione,  intervenne il dr. Nardi che balbettò, per la grande emozione: - Siaaa mo  pr oon ti a.a.d aascool.. tarti con vero e immenso piacere - le ultime parole uscirono veloci come il fulmine dalla sua bocca.
Efy, ormai era chiamato amichevolmente così, sollevò il grosso braccio, aprì le robuste dita e poi con l’indice puntato in direzione di una carta della Sardegna,appesa in un angolo illuminato dai raggi della luna, indicava il Golfo di Oristano. No! La traiettoria del suo dito procedeva lentamente sulla linea delle coste per fermarsi sulla penisola del Sinis. L’ombra del dito si era fermata a indicare un punto preciso: Tharros.
Finalmente avrebbero conosciuto la verità sugli “amati e discussi “GIGANTI …

Il suo racconto aveva inizio, mentre i presenti ascoltavano in doveroso silenzio.
-              Era il 2000… il 2300 a.C… - diceva. - La mia memoria ha qualche vuoto… E’ PASSATO TROPPO TEMPO… TROPPO! …
-              Sembrava stanco Efy, ma si riprese subito e continuando: -  “BABBAI “ (mio padre), il suo nome era HAS-NALOS appartenente alle genti SHRDN,  raccontava sempre, per averlo sentito da suo padre e suo padre dal suo e cosi via tornando indietro fino ai nostri antenati, che il mio popolo partì dalla Terra di UR in seguito ad una lunga carestia, durata ben 300 anni, verso luoghi più ospitali e fertili.
Ogni membro della mia gente prese con sé tutto ciò che possedeva e caricandolo sul proprio carro in grande carovana procedeva risalendo la valle dell’Euphrates verso il porto più vicino sulle coste della Phoenicia. Lì, ormeggiate ai robusti moli, attendevano le loro navi da carico, per trasportare merci e persone, e quelle più veloci dove viaggiavano i principi, i valorosi arcieri, i pugilatori e  i guerrieri, che dovevano giungere per primi nei luoghi dove stabilirsi per  instaurare con le genti che li abitavano rapporti di amicizia, di collaborazione e soprattutto di pace. Era un popolo che amava la natura, la rispettava e la faceva rispettare. La vita sociale era regolata da leggi raccolte in codici, infatti, il primo compito di un re era quello di assicurare la giustizia al paese.




La sacerdotessa Silanolis aveva previsto tutto a distanza di 3000 anni, il risveglio di Efisceddu era avvenuto e il segreto a lungo tenuto si stava piano, piano   svelando.
In quel momento un raggio di luna più luminoso degli altri si posò sugli occhi magnetici di Efy, facendoli diventare una girandola vorticosa… Sembrava si stesse aprendo uno spazio temporale nei suoi occhi magnetici.
Ci fu un’ombra di paura sui volti dei presenti. Un attimo. Quando il gigante di pietra ricominciò a parlare sembrava più vivo che mai, forse Silanolis era intervenuta dandogli un input.
- Arrivati  nello stretto di Scilla e Cariddi,- riprese Efy - sapendo il pericolo che avrebbero corso in quelle acque, invocarono immediatamente gli Dei  per aiutarli a superare i mostri marini, terribili mangiatori di uomini. In un momento le acque del mare si sollevarono  e aprirono un varco fra le onde, dove passarono velocemente tutte le navi: erano salvi! Però, appena oltrepassato lo stretto, una tempesta li colse all’improvviso: onde altissime sbattevano sulle navi, fulmini e saette   terrorizzavano bambini e madri, gli anziani pregavano: “Babbai nostru ki sese in su …”(Padre nostro che sei nel…), mentre i giovani si davano da fare per governare le navi.
Un raggio di sole , tagliente  come una spada, squarciò le nubi illuminando la flotta e allo stesso tempo rassicurò ogni persona dando loro speranza. Come d’incanto il cielo tornò sereno e il viaggio proseguì tranquillo fino a che una vedetta, sull’alto pennone della nave-madre urlò: -  TERRA…TERRA… . Un grido di gioia si sollevò e tutti saltellavano contenti; si affacciarono lungo le sponde ad osservare la terra ormai vicina. Si scorgevano numerose e strane costruzioni di pietra nera sulle verdi collinette intorno: I NURAGHES.
Molti dei compagni di viaggio si fermarono lungo le coste dove era facile l’approdo, altri proseguirono lungo tutta la costa occidentale; noi ci fermammo proprio nel posto da me indicato nella vostra carta.
Le navi ormeggiarono con cautela nel porto di questa nuova terra e Has-Nalos I, il capostipite, scese per primo dalla nave seguito dalla sua famiglia, principi, arcieri e guardie reali, dirigendosi verso il centro del villaggio.
Dall’alto della collina, nel cuore  dell’abitato, assisteva allo sbarco il Capo Tribù-Sarcerdote, il suo nome era SARBAC. Aveva osservato l’arrivo di tutte quelle navi con un po’ di apprensione.
Chi erano? Nemici? Amici? Un altro popolo invasore?
Ne avevano respinti tanti con il coraggio  della sua fiera gente! Sarbac aspettava la delegazione e avrebbe saputo.


Has-Nalos a passo svelto risaliva la strada grande che portava in cima alla collinetta e raggiungeva insieme ai rappresentanti della sua gente il Capo Tribù-Sacerdote.   …


Gli alunni della 4^ E di Solanas



venerdì 19 novembre 2010

Il risveglio di Efisceddu


IL RISVEGLIO DI EFISCEDDU
(episodio II) 
 
Quella, per Giovanni, fu la notte più lunga della sua vita! 
Non vedeva l'ora che giungesse l'alba per raccontare a Nino, il collega del cambio di turno, l'avventura incredibile che aveva vissuto durante la notte.
Finalmente, mentre era ancora perso nei suoi pensieri, sentì il rumore del portone d'ingresso: Nino era arrivato!
"Buongiorno Giovanni ..."
"Iiiihhh, ita 'e bongiornu!  ... ki scis is novas de nontesta innoi! - (Iiiihhh, macchè buongiorno! Se sapessi cos'è successo qui stanotte!)
"Ita est suntzediu? - (Cos'è successo?) - gli chiese Nino, incuriosito dall'agitazione dell'amico - Paris ka as bidu unu tiàu!" - (Sembra che hai visto un diavolo!).
Giovanni cominciò, con tanta frenesia, a raccontare a Nino tutti i dettagli di quella notte pazzesca.
Gli occhi di Nino, nell'ascoltare le parole di Giovanni, diventarono rotondi, per la sorpresa, come gli occhi dei giganti di Monte 'e Prama.
"Nara, po s'amor'e Deus, ita has papàdu nontesta... codroinu 'e mudregu cun lùa? Ki nou has bisionàu mai po su daori de brenti! - (Dì, ma per l'amor di Dio, ma che ti sei mangiato stanotte ... funghi ed erbe allucinogeni? O hai hai fatto brutti sogni per l'indigestione?) .
L'incredulità era tanta, tuttavia Nino sapeva che Giovanni era sempre stato un uomo sincero ...
"Is contus nou torrant!" - Nino era veramente confuso ... davvero i conti non tornavano! 
Ad un tratto gli venne una brillante idea: "Nontesta abarru deu puru!" - (Stanotte resto anch'io!").
"Ehia, abarra! - (Si, resta!)" - disse Giovanni, rincuorato e fiducioso che il Gigante di Pietra si sarebbe di nuovo risvegliato, la notte successiva, per raccontare ancora la sua storia.
Le ore di quel giorno trascorsero lentissime: Giovanni e Nino smaniavano nell'attesa! Finalmente, i bagliori della Luna Solstiziale tornarono a riflettersi sulla grande vetrata di Li Punti ... Trapassando i vetri, raggiunsero gli occhi del Gigante Efisceddu e ... immediatamente la pietra inerte riprese vita!
Contemporaneamente le gambe di Nino cominciarono a tremare come budini, sotto lo sguardo divertito di Giovanni, il quale, avendo già vissuto la terribile esperienza durante la notte precedente, poteva, ora, permettersi il lusso di godersi la scena, con grande stupore e divertimento insieme!
"Tura calmu, Ninu ... ge nou mossiat! - (Stai tranquillo, Nino, non morde!)" - disse al tremebondo collega che stentava a controllare l'emozione.
Gli occhi di Efisceddu, scintillando, cominciarono a roteare vorticosamente e, solo quando il moto, simile a quello di uno Stargate, cessò, egli cominciò a parlare con voce cavernosa e potente.

"CHE LA MADRE SIA CON VOI, FRATELLI DEL 2010! VENGO IN PACE A PORTARE LA VOCE DEGLI ANTICHI PADRI NUR-SIN DI MONTE 'E PRAMA!".

"Sa-santa Ma-Maria nosta!" - esclamò Nino terrorizzato, restando con la bocca spalancata e immobile come un pesce bollito.  
Efisceddu continuò:

"VERRO' A VOI PER TRE GIORNI ...  COSI' VUOLE LA POTENTE FORZA DELLA  LUNA MAGNETICA, SECONDO IL RITO CELEBRATO DALLA DIVINA SACERDOTESSA SILANOLIS, AL SOLSTIZIO DI 3.000 ANNI FA. VOGLIAMO  CHE IL SACRO TEMPIO,  DISTRUTTO  NELLA NOTTE DEI TEMPI DA MALVAGI NEMICI,  VENGA DA VOI RICOSTRUITO A MONTE 'E PRAMA NEL SINIS DI CABRAS E CHE, IN ESSO,  NOI STATUE DEIFICATE, CHE QUI  STATE RESTAURANDO, TROVIAMO NUOVAMENTE DEGNA DIMORA! SOLO COSI' POTRA' TORNARE LA GRANDEZZA DEI NUR-SIN!".

Nino si riprese dallo spavento e disse a Giovanni:
"Dobbiamo telefonare immediatamente alla dr.ssa Boninu e al dr. Nardi - (la direttrice di Li Punti e il Direttore del restauro) - devono sapere cosa sta succedendo qui!".
Senza farselo ripetere due volte, Giovanni prese in mano il cordeless.
Due telefoni squillarono con urgenza, nel cuore della notte sassarese, a  interrompere bruscamente il sonno dei due Direttori del Centro di Restauro.

Era la seconda notte del solstizio d'estate dell'anno 2010.
EFISCEDDU SI ERA SVEGLIATO E AVEVA MOLTE, MOLTE COSE DA RACCONTARE ...

Pochissimo tempo dopo due persone entrarono trafelate nel Centro di Restauro di Li Punti ...


Il dr. Nardi e la dr.ssa Boninu avevano praticamente fatto volare la loro automobile. Ciò che Giovanni aveva loro raccontato era praticamente assurdo ... Efisceddu che parla?!!! Luna Magnetica? Rito Solstiziale? ... C'era il tanto da farsi venire un colpo per lo spavento!
Eppure, appena varcarono la soglia d'ingresso, già s'avvertiva che qualcosa di molto strano era in corso ...
Una luce dorata aleggiava per tutto l'androne e illuminava l'intero andito e la galleria, irradiando le statue già restaurate, dando loro un aspetto irreale e palpitante, come se qualcuno le avesse soffiate con alito di vita.
Un fremito d'apprensione e di grande emozione, nel contempo, percorse la schiena dei due, che si guardarono eloquentemente negli occhi, mentre chiamavano Giovanni e Nino ad alta voce. Nel frattempo arrivarono a Li Punti anche gli altri restauratori, informati da un frenetico tam-tam di cellulari.
La luce ipnotica degli occhi di Efisceddu trafisse, contemporaneamente, lo sguardo degli astanti e a tutti parve di essere entrati di botto nel sogno vero di quella notte!
La dr.ssa Boninu cadde in ginocchio, commossa, davanti alla Creatura con la quale aveva parlato tanto, in quei mesi di duro lavoro e alla quale aveva voluto dare il nome di Efisceddu.

"A VOI, GIUSTI CHE SU NOI AVETE POSATO LE VOSTRE AMOREVOLI MANI, IO PORTO LA STORIA DI UN POPOLO DI GIUSTI RIPOSTA NELL'OBLIO. E' LA STORIA DEI NUR-SIN, UOMINI E DONNE CHE AMAVANO VIVERE IN ARMONIA CON MADRE TERRA E IN PACE TRA UOMINI. GRANDE E' STATA LA NOSTRA CIVILTA', FONDATA SULLA SAPIENZA DELLA MEMORIA E SULLA SACRA SCRITTURA DEL VERBO. E' PRESSO DI VOI CHE SARA' DEPOSTA LA NOSTRA VERITA'. A VOI LA STORIA DEL POPOLO DEI PRINCIPI GIUDICI , HOMINES ET FEMMINAS BALENTES KI NEMOS PODET BINKERE. ABBIAMO TUTTA LA NOTTE DI OGGI E DI DOMANI PER NOI ..."

Così parlò Efisceddu, mentre la luce dei suoi occhi si rifletteva luminosa nelle commosse lacrime degli occhi dei restauratori. La potenza della magia di Silanolis aveva bucato il tempo e lo spazio e il miracolo s'era avverato.
Tutti sentirono ch'era giunto il momento della Verità ... dopo così lunga attesa ...


La classe 4^ C di via C. Battisti - Cabras

lunedì 15 novembre 2010

Efisceddu e il potere dell’occhio magnetico



Era la notte del solstizio d’estate a Li Punti, la giornata di lavoro era stata molto dura per gli archeologi che lavorano al restauro delle statue di Monte ‘e Prama. Mancavano ancora dei pezzi e c’erano state diverse visite di persone e giornalisti che volevano sapere del restauro.
Tutti rientrarono nelle loro case lasciando come sempre la struttura in mano a Giovanni, il fido guardiano. Giovanni prese la pila, andò a vedere se tutto era a posto e si addormentò.
Ma non passò molto che Giovanni fu svegliato da dei rumori strani, si alzò di scatto e andò a vedere cosa stesse capitando…pensava che fosse un ladro. Andò nella sala grande dove si stavano ricomponendo le statue e vide una scena incredibile: alcuni pezzi di una delle statue che non era stata ancora finita, presero a muoversi sul tavolo ricomponendosi da soli !
Giovanni inizio ad urlare spaventato: “Aiutoooooooo ! Chi o cosa sei ?”
L’arciere che nel mentre si era ricomposto gli disse: “Non urlare, va tutto bene, vengo in pace, non ti farò del male !”
Giovanni balbettando rispose: “Ma, ma, ma tu parli ? Come è possibile? Sei solo una statua!”
Il gigante di pietra senza scomporsi rispose: “Mi chiamo Efisceddu, sono di pietra è vero, ma posso parlare grazie al potere della luna magnetica!”
“Ma e adesso cosa sarebbe questa luna magnetica ?” Chiese Giovanni con un filo di voce.
“Aspetta, andiamo per ordine” rispose il gigante,  “Chi mi ha costruito mi ha assegnato un compito molto importante, era scritto nelle profezie: nella notte del solstizio d’estate del 2010 d.C. allo scadere dei 3.000 anni dalla mia creazione, mi sarei svegliato per raccontare a tutto il mondo la storia del popolo dei Nur-sin di Monte ‘e Prama”.
Giovanni riuscì a stento a ripigliarsi dallo spavento, ma poi la curiosità prese il sopravvento e iniziò a tempestare Efisceddu di domande: “Ma dimmi ti prego, come mai voi statue avete quegli occhi così stani ? Come mai siete così alti? Chi vi ha costruito ? Perché siete vestiti così? Come mai alcuni di voi hanno le corna?”
“Calma, calma!” rispose Efisceddu. “Risponderò ad una domanda per volta, oggi ti racconterò il significato dei nostri strani occhi.
Tutto ebbe inizio in una notte di solstizio d’estate, una notte magica, perché solo in questa occasione la Luna si riflette nelle acque del pozzo sacro, manifestando la sua infinita potenza.
La sacerdotessa Silanolis si preparava a celebrare i riti della luna magnetica, assieme a lei, vicino al pozzo, si trovavano Archeus, Peppeddu, Sunameus, Remin, Sisinniu, Smik e tutti i valorosi guerrieri che da poco si erano distinti in una lunga e durissima battaglia contro la terribile tribù di Gangong, proveniente dall’Africa.
Silanolis quel giorno, vedendo la luna che si rifletteva nel pozzo ebbe una visione:
-Guerrieri nur-sin, vedo il potere della luna nei vostri occhi, chi di voi sarà puro di cuore potrà usare questo straordinario potere e ipnotizzare i nemici con lo sguardo! State attenti però, se usato male il magnetismo della luna può essere molto pericoloso ! Ora Andate. - Concluse Silanolis - E costruite un tempio di pietra che rappresenti guerrieri, arcieri e pugilatori per ringraziare gli dei della forza e della potenza che vi hanno concesso. Questo è un compito molto difficile, se il tempio sarà costruito bene infatti, la pietra saprà custodire la memoria della nostra gente e tra tremila anni, a partire dal solstizio d’estate del 2010, saprà parlare per raccontare a tutti la nostra grandezza!
-Grazie oh saggia Silanolis!- risposero i guerrieri -Costruiremo un tempio bellissimo con le pietre migliori e i guerrieri che scolpiremo avranno negli occhi i segni del potere della luna per ricordare a tutti questo straordinario dono che ci è stato fatto !
Mentre rientravano alle loro case però alcuni di loro iniziarono a dubitare delle parole di Silanolis: Smik il più scettico disse: -Secondo me non le fa tanto bene guardare così tanto la Luna…pietre che parlano ? Occhi magnetici ? Boh! Sarà fratelli, ma se io non vedo non ci credo!”
Detto questo Efisceddu si fermò.
“Come andò a finire ? Ti prego dai, voglio sapere ancora…” incalzò Giovanni, ma troppo tardi, Efisceddu cadde  di nuovo nel suo profondo sonno di pietra lasciando Giovanni solo con la sua grandissima curiosità.

La classe 4° A di via De Gasperi